Avrebbe dovuto svolgersi ieri, domenica 31 gennaio, il secondo turno delle elezioni presidenziali tra i due candidati risultati vincitori nelle consultazioni del 30 dicembre scorso: gli ex primi ministri Anicet Georges Dologuelé e Faustin Archange Toudera che avevano ottenuto rispettivamente il 23,74% e il 19,05% dei voti validi.
Il relatore generale dell’Autorità Nazionale delle Elezioni (Ane) ha annunciato qualche giorno fa che il ballottaggio non avrebbe potuto avere luogo a causa di una serie di problemi organizzativi e che, al più presto, sarà comunicata una nuova data. Non è il primo problema che ostacola la buona riuscita di queste elezioni, le prime dopo la guerra civile che sta insanguinando il Paese dopo il colpo di Stato del 2013 per mano dei miliziani della Seleka: nonostante le prime consultazioni si siano svolte in un clima relativamente tranquillo e l’affluenza alle urne sia stata massiccia, infatti, le elezioni legislative per le quali si votava insieme alle presidenziali, sono state annullate dalla Corte Costituzionale della Repubblica Centrafricana per la presenza di molte irregolarità che hanno coinvolto i candidati.
Tra le ragioni dell’annullamento anche una serie di motivi tecnici, per cui non tutti i villaggi hanno ricevuto le complesse schede elettorali necessarie per procedere al voto, falsando di fatto i risultati finali a livello nazionale. Al momento, comunque, la situazione del Paese sembra più tranquilla rispetto al passato, anche grazie al messaggio di pace lanciato dal Papa nell’ultimo viaggio apostolico di novembre.
Il nuovo primo ministro avrà il difficile compito di riappacificare il Paese, dal punto di vista sia sociale sia religioso. Inoltre, un’enorme nodo da sbrogliare resta la situazione economica del Centrafrica che è ancora uno dei paesi più poveri al mondo, nonostante abbia riserve naturali di legname, oro, diamanti e uranio. Proprio in ragione di questa ricchezza di materie prime in Repubblica Centrafricana convergono interessi più vasti delle potenze internazionali, tra cui la Francia, la Cina, gli Stati Uniti e il Sudafrica.