Il 30 maggio è iniziato l’anno dedicato a padre Auguste Etchécopar, considerato il “secondo fondatore” della congregazione del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram. Fu questo religioso, infatti, superiore generale dell’istituto dal 1874 al 1897 a sistematizzare l’opera spirituale di San Michele, lavorando per l’approvazione delle Costituzioni a Roma. La causa di beatificazione di padre Etchécopar è attualmente in corso. Per far conoscere la sua figura ogni fine mese padre Alessandro Paniga, superiore della comunità italiana di Albiate, propone testimonianze di quanti hanno conosciuto il religioso, desunte dalla “Positio super virtutibus” presentata a Roma in vista della beatificazione e canonizzazione.
di padre Alessandro Paniga
«Chiedeva a tutti di impegnarsi per l’osservanza delle regole. Insisteva molto sull’obbligo di non ricevere i ragazzi nelle camere dei professori; diceva che il demonio, approfitta di queste occasioni, talvolta, per far cadere il ragazzo e il maestro» (P. Pietro Salla-Berry)
Dalle testimonianze di quanti lo hanno conosciuto
«La carità di P. Etchécopar verso Dio si riversava sul prossimo. Era buono, accondiscendente, pieno di premure anche verso il più piccolo dei Fratelli. La sua porta era sempre aperta per tutti; ascoltava con interesse e benevolenza, pazientemente, controllandosi perfettamente; non manifestava mai impazienza o sgarbatezza. Aveva un grande rispetto per il prossimo e si permetteva mai a suo riguardo né motteggi né critiche. Se doveva condannare gli abusi in pubblico, lo faceva con veemenza, ma era pieno di riguardo per le persone. Rimediava per quanto era in suo potere agli eccessi, alle ingiustizie, agli abusi di autorità che gli venivano segnalati” (Don Pasquale Badiolle, parroco).
«Cuore generoso, si prodigava per tutti, ma con un’effusione del tutto soprannaturale… Incoraggiava e sosteneva i suoi religiosi nella pratica della virtù della carità, combattendo ogni maldicenza e anche la minima critica alle persone e alle comunità. Non ho mai sentito da lui una parola che fosse contro la carità fraterna». (P. Giovanni Bergez)
«Il suo amore per il prossimo era generoso, forte e costante. Vegliava sui suoi religiosi perché osservassero perfettamente le Regole. Nelle conferenze spirituali, solitamente con dolcezza, a volte in modo vibrante e infiammato, spingeva i religiosi alla pratica delle virtù, all’imitazione di Gesù Cristo, alla carità fraterna, allo zelo per le anime. Lo stesso faceva con gli assenti, tramite le lettere e le circolari. Aveva la più grande carità per tutti i visitatori, senza distinzione di persone. Tutti rimanevano colpiti dalle sue delicate attenzioni». (P. Massimiliano Tucou)
«Il prossimo di P. Etchécopar era la sua comunità; l’amava di tutto cuore e consacrò tutta la sua vita per renderla degna di Dio. Fu sempre severo verso se stesso, al punto di farmi questa confidenza: “Dio mi ha reso un grande bel servizio inviandomi la malattia. Quand’ero sano non capivo i malati. Ero scandalizzato dalle esigenze di alcuni nostri venerati padri ammalati, per altro eccellenti e virtuosi religiosi. Mi sono convinto oggi, per mia esperienza, che bisogna tener conto del male”. Era così giunto ad una tale dolcezza pienamente materna con i malati che li visitava spesso e si prodigava per rendere loro dei piccoli servizi, anche materiali, che compiva magari in modo maldestro, per mancanza di esperienza e abilità; ma il malato vedendo il suo buon cuore di padre, era per lui una cosa dolce. Si dava da fare fino ad accondiscendere come una mamma ai piccoli desideri dei suoi malati». (P. Ippolito Paillas)
«La sua carità verso i malati era molto paterna. Lo si è sentito dire: “Quella degli ammalati è una grande e bella missione. Credo che qualora non avessimo più dei malati, non ci sarebbero più parafulmini sull’Istituto» (P. Giovanni Bergez)
«Quando si andava a trovarlo nella sua camera, lasciava tutto… per ricevere il visitatore, chiunque fosse, fino all’ultimo dei Fratelli, per ascoltare le sue richieste con pazienza e bontà manifeste. Era la sua regola abituale: lasciare tutto per mettersi al servizio dell’altro “senza ritardo né riserve” come diceva il nostro Venerabile P. Michele Garicoits. Faceva una visita quotidiana alla tomba di padre Garicoits nella cappella della Risurrezione, in cima la calvario. Quando aveva degli affari importanti da sbrigare, li scriveva su un foglio che deponeva sulla tomba del Venerabile e che poi riprendeva in seguito… Si racconta che assistendo ad una disputa tra giovani di Montaut e di Lestelle, sul ponte di Betharram, andasse ad incontrarli e il suo ascendente fu tale che i litiganti si separarono». (P. Ludovico Pambrun)
«Il servo di Dio era di una carità ammirevole. Non parlava mai male di nessuno; si impegnava piuttosto a far risaltare le qualità e i successi di tutti, e si mostrava indistintamente, allo sguardo di tutti, buono, sorridente, incoraggiante. Si andava a trovarlo in camera sua? Subito lasciava il lavoro che stava facendo e si dedicava totalmente al visitatore, fosse anche l’ultimo fratello converso. E si usciva sempre, dopo il suo intrattenimento, edificati e ancor più pieni di ammirazione per lui» (P. Giovanni Maria Vergé)
«Amava donare ai poveri. Ogni giorno una dozzina di poveri venivano a prendete la minestra a Betharram. Faceva largamente l’elemosina» (P. Eugenio Loustau).
«Per i poveri, ricorda P. Bergez, si mostrava di una generosità principesca. A dei mendicanti, alla porta del convento, fece distribuire una grossa somma. Si credette che si fosse sbagliato, e gli venne fatta l’osservazione. “No, no, non mi sono sbagliato, rispose, ho bisogno di molte grazie per il nostro viaggio”. A Gerusalemme, mi ha raccontato padre Planche, testimone oculare, i poveri lo assalivano con insistenza importuna, come è costume in questo Paese. Il servo di Dio fece loro l’elemosina. Appena che l’ebbero ricevuta corsero ad un altro lato della strada per la quale doveva passare il servo di Dio per chiedere ancora. padre Etchécopar donava di nuovo. Pensando che il venerato Padre non si fosse accorto dell’inganno, padre Médebielle che l’accompagnava, gli disse: “Padre, la sfruttano!”. E il padre Etchécopar di rimando: “E la carità, dove la mette?» (P. Eugenio Lahon)
Grazie e miracoli
«Don Bajac, parroco di Carrère, aveva una nipote, abitante a Labatmale, con un’ulcera allo stomaco. Questo sacerdote inviò a padre Ludovico Pambrun cento franchi per fare celebrare una novena di sante Messe a padre Etchécopar. Si ebbe allora un primo miglioramento. Don Bajac fece celebrare una seconda novena di Messe. Alla radiografia si constatò che l’ulcera era scomparsa e che restava solo un piccolo segno all’intestino tenue. Ci fu una terza novena…»
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