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Makila: san Michele e la sua epoca

 

di Ennio Bianchi

 

San Michele Garicoits (1797-1863) è vissuto in un’epoca che richiedeva un grande dinamismo per riportare il messaggio di Cristo nella società e questa necessità lo ha portato a cogliere nell’incarnazione di Cristo il modello della sua nuova incarnazione nella cultura del tempo.

 

Il periodo storico in cui visse san Michele fu un’epoca che vide la Chiesa operare in Francia (e in tutta Europa) su vari fronti e in molteplici settori – anche della vita civile – per ricostruire la tradizione cristiana più che offuscata dalla Rivoluzione del 1789 e per creare nuovi spazi per la diffusione del messaggio evangelico.

 

La spiritualità e l’opera del santo si pongono con decisione e lungimiranza nel solco di tale rinascita auspicata e perseguita con coraggio apostolico da papi, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici.

 

C’era un mondo da ricostruire: la situazione creata e lasciata dalla Rivoluzione francese era drammatica: essa segna (anche dal punto di vista religioso e non solo storico-politico) l’inizio di una “nuova epoca” che viene tradizionalmente chiamata “contemporanea” e che si prolunga – nelle sue conseguenze positive e negative – fino ai nostri giorni.

 

Nasce allora la separazione tra Chiesa e società, che non accetta più il cristianesimo come “guida” ispiratrice delle sue leggi ed istituzioni e si genera il distacco tra cultura di ispirazione cristiana e la vita civile, ormai dominata da una visione laica e laicista, propria delle classi dominanti.  Inizia e si consolida quel processo moderno che va sotto il nome di “secolarizzazione”.

 

Come conseguenza delle devastazioni portate dalla Rivoluzione (distruzione di chiese, soppressioni di congregazioni, uccisioni di sacerdoti, negazione di spazi per la catechesi, diffusione di idee areligiose e antireligiose) vi è una diffusa ignoranza del cristianesimo presso il popolo, indifferenza e disprezzo delle classi politiche ed intellettuali per tutto quello che ricorda il vangelo, e una morale individualistica e relativistica, non più agganciata ai precetti di Dio, ma dipendente dalle situazioni e dalle inclinazioni personali.

 

Atteggiamenti tutti che sfociano in una dissoluzione dei tradizionali valori cristiani della persona e della società. Nasce pure un’etica che pone al primo posto – con la borghesia – la ricerca ad ogni costo del profitto, che diviene la filosofia dominante delle classi al potere e che spiega il colonialismo, l’aggressività, la violenza politica, tratti peculiari dell’epoca.

 

Si presenta allora la necessità di una “nuova evangelizzazione” che riproponga i fondamenti stessi della fede e che porti nel tessuto sociale i valori del vangelo.

 

Ma per la rinascita non mancano fermenti positivi, intesi a riportare il vangelo tra il popolo, a rieducare alla fede paesi e città, ad istruire le nuove generazioni nella spiritualità cristiana. Si formano nuclei di “laici militanti” per animare in senso evangelico gli ambiti della cultura, della società civile e della politica (in questo periodo storico si approfondisce e si afferma la “dottrina sociale della Chiesa” che tanta parte avrà nella presenza cristiana nella storia moderna); si sente sempre più la necessità di coltivare una religiosità profonda, basata solidamente sulla Parola di Dio.

 

L’epoca di S. Michele è piena di difficoltà, di ambiguità, di complessità, ma anche di persone che non esitano a dare completamente se stesse per la ricostruzione del Regno di Dio.

 

Ed il Santo è una di queste persone: tutta la sua vita fu guidata dalla consapevolezza dei gravi problemi che la situazione poneva alla diffusione del vangelo e che i tempi richiedevano interventi forti per contribuire alla rinascita religiosa.

 

La sua opera pastorale e la congregazione che fondò si iscrivono nell’oggi della sua epoca per lievitarla con la testimonianza personale e con il carisma dell’Istituto.

 

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