«Una sessantottina in Africa». Si intitola così il libro che racconta la straordinaria avventura umana, professionale e missionaria di Ione Bertocchi, scomparsa a Genova il 10 giugno scorso a 82 anni, dopo un periodo di malattia. In effetti la dottoressa Ione è stata un’esemplare figlia di quella generazione di giovani che nel Sessantotto e dintorni lottavano contro la fame e le altre ingiustizie del mondo, sognando di renderlo migliore. Lei a quell’ideale è rimasta fedele tutta la vita, servendo migliaia e migliaia di persone in Centrafrica: nazione nella quale si trasferì, laica, abbandonando una promettente carriera accademica da ricercatrice negli anni Settanta. «Doctor Ione» è stata uno dei primi medici nel poverissimo Paese e ha formato sul campo decine di sanitari locali. Anche i betharramiti le devono molto: come responsabile dei programmi sanitari della diocesi di Bouar, Ione ha generosamente aiutato fin dagli inizi lo sviluppo dell’ospedale di Niem, diretto dal medico padre Tiziano Pozzi, e soprattutto del Centre Saint-Michel per malati di Aids, sotto la responsabilità di fratel Angelo Sala. In un’intervista di qualche tempo fa la dottoressa – che si è sempre dichiarata non religiosa – diceva: «Non mi ritengo una missionaria perché non lavoro per fede, ma perché sono convinta. Tuttavia sentimentalmente non posso negare di essermi trovata su una strada che mi ha condotta dove sono, per cui alla fine davanti a Dio non dico né sì né no. In fondo, col nostro lavoro non abbiamo fatto quello che chiedeva Gesù Cristo?».