Le missioni betharramite in Repubblica Centrafricana assomigliano a campi profughi.
In questi giorni infatti l’esercito nazionale – sostenuto da milizie provenienti dalla Russia e dal Ruanda – ha percorso la strada che collega la capitale Bangui al Camerun con l’obiettivo di liberare la zona dai gruppi di ribelli che controllano metà del territorio nazionale. Così, il 9 gennaio, l’esercito ha raggiunto la città di Bouar. L’operazione di sgombero è stata segnata da scontri a fuoco e la maggioranza della popolazione ha abbandonato le proprie case.
A Bouar gli sfollati sono 14mila: 1500 hanno trovato riparo nella missione betharramita Notre Dame de Fatima e mille tra le mura del centro Saint Michel per la cura di persone in Aids. Il portavoce del governo dichiara che l’esercito centrafricano ha ripreso il pieno controllo della città ma c’è chi dubita della durata del risultato, visto che la ritirata dei ribelli si è limitata a un allontanamento di qualche chilometro dal centro abitato.
Nel frattempo lunedì si è visto un miglioramento della situazione al confine: dopo quasi due mesi di blocco da parte dei ribelli degli ingressi al confine di oltre mille cinquecento camion provenienti dal Camerun, lunedì scorso 14 furgoni delle Nazioni Unite sono riusciti ad arrivare a Bangui.
Ad oggi ancora centinaia di tir carichi sono bloccati al confine e questo è un problema, visto che praticamente tutte le merci importate dall’estero arrivano in Centrafrica passando su strada dal Camerun e i prezzi dei prodotti alimentari continuano a salire.
In questa situazione a inizio settimana il cardinale Dieudonné Nzapalainga insieme all’imam e alle guide protestanti ha raggiunto Bouar per tentare una difficile mediazione di pace.