Padre Arnaldo Guerra, o la pastorale del buonumore. Ricorrono oggi i trent’anni dalla scomparsa, avvenuta nella residenza betharramita di Castellazzo, di una delle figure più carismatiche per simpatia e carica umana tra i betharramiti italiani. Appassionato della vita in tutte le sue forme – le belle compagnie, la tavola, la caccia (sic!), la tecnologia moderna, le storielle divertenti che amava raccontare – Guerra era nato il 22 ottobre 1926 a Talamona (Sondrio), cittadina valtellinese che ha dato diversi giovani al seminario betharramita di Colico. Anche Arnaldo seguì lo stesso percorso fino al noviziato, compiuto a Roma presso la chiesa dei Miracoli; per un caso paradossale, la sua prima professione religiosa reca la data del 9 settembre 1943: esattamente il giorno dopo l’armistizio italiano che divise la Penisola in due.
È giocoforza dunque tornare a Colico a frequentare i corsi di filosofia e teologia, in un periodo difficile e pericoloso di bombe e rastrellamenti. Ma poi il conflitto finalmente termina e padre Guerra si trova nel numero dei baldi nuovi sacerdoti (viene ordinato prete in Duomo a Milano dal cardinal Schuster nel 1949) su cui si fonderà la straordinaria espansione dei betharramiti in Italia. Lui, a bordo della sua rombante moto, gira praticamente tutte le nuove fondazioni: prima il seminario maggiore di Albiate come professore di scienze e matematica, poi (dal 1955) la prima residenza di Lissone con padre Giuseppe Airoldi, quindi di nuovo Albiate nel 1959 e in seguito il seminario minore ad Albavilla dal 1963, per poi tornare nel 1973 ad Albiate, dove rimase – salvo una breve presenza come segretario presso il Liceo scientifico di Bormio nel 1983 – come predicatore e confessore (leggendaria la sua attività di assistenza spirituale ai più vari gruppi sociali: dal Cai alle vedove) fino al 1986, quando avviene il trasferimento finale a Castellazzo di Bollate.
Forse proprio perché aveva passato tempi difficili ma appassionanti, in cui aveva visto crescere la congregazione sia pur a prezzo di grandi sacrifici, e anche per il suo carattere entusiasta ma tutt’altro che superficiale, padre Guerra poté notare con particolare rammarico l’inizio del declino numerico dei betharramiti italiani. Certo anche per questo verso la fine della vita ha voluto compilare una storia dattiloscritta della sua famiglia religiosa, mettendo assieme fatti e date nel modo colloquiale che gli era consono perché – scriveva – «non è possibile che grandi valori del passato debbano cadere in un istante, essere cancellati con un colpo di spugna, così alla leggera, senza rimpianti né funerali». Proprio queste pagine stanno ora per uscire a stampa on demand in un fascicolo della serie «I quaderni di Presenza», insieme ad altri 4 di argomento betharramita: e sarà anche un tributo alla figura di questo religioso amante della vita.