«Oggi – scrive il superiore generale sulla Nef del mese di giugno – ci prepariamo a vivere un Sinodo. Ciò comporta rivedere la vita ecclesiale con uno spirito nuovo, meno strutturato, più partecipativo, che certo non era così presente ai tempi di san Michele e di P. Etchecopar. Gli esperti dicono che la sinodalità implica un modus vivendi et operandi. Questo modo di vivere e di agire si realizza e si ricrea nell’ascolto comunitario della Parola e nella celebrazione dell’Eucaristia, nella fraternità che nasce dalle responsabilità condivise e dalla partecipazione con tutto il Popolo di Dio. Tutto questo a diversi livelli e nella distinzione dei vari ministeri e ruoli, propri della vita e della missione della Chiesa. Papa Francesco ci ha anche invitato a manifestare forme più alte di comunione missionaria attraverso la sinodalità. Il Papa ci ricorda che non dobbiamo crederci superiori a chiunque, perché abbiamo un titolo o una posizione, o semplicemente perché abbiamo un’idea di noi stessi molto al di sopra della realtà. L’umiltà e il rispetto reciproco saranno sempre il punto di partenza. Ascoltare i piccoli, quelli che di solito non parlano, i “nuovi”. Praticare l’ascesi tra quanti sono soliti prendere la parola o che amano avere su di sé le luci della ribalta: queste saranno le basi dell’incontro tra di noi. Metterci al servizio della libertà e della responsabilità di tutti, implica a sua volta non permettere che i pettegolezzi, la disaffezione, le vendette o la competizione per i “primi posti” dimorino tra noi. Vicinanza, disponibilità, fiducia e reciprocità. Valori che non possono essere vissuti senza l’aiuto vicendevole, coltivando le buone disposizioni che li garantiscano e che ci portino a condividere ciò che chiamiamo “la vera gioia”».