Non solo missionari “a tempo pieno”: non possiamo dimenticare chi dall’Italia tiene i contatti con le diverse missioni.
Ecco le parole di padre Piero Trameri, presidente dell’associazione AMICI che da 30 anni (prima come Centro Missionario) tiene i contatti con tutti i benefattori e le missioni.
Di lui padre Tiziano ha scritto: «L’ho conosciuto giovane prete nel nostro collegio di Colico dove insegnava Lettere ma già sognava di partire per l’Africa. In Italia è il nostro punto di riferimento. Ogni tanto capita dalle nostre parti con l’inseparabile macchina fotografica. Con lui abbiamo vissuto tante avventure. Ad multos annos, ngu na ngu lakwe lakwe (per i secoli dei secoli)».
Dal “diario di viaggio”
1986
Padre Arialdo attende, dopo un anno in Centrafrica, la visita promessa dal Consiglio Provinciale al Vescovo di Bouar.
Affido a una lettera, unico mezzo di comunicazione in quegli anni, la data del mio arrivo.
Inizia il 26 marzo, con una compagnia low cost dal nome perentorio, “Le Point!”, un viaggio pieno d’incognite: sarà stata recapitata la lettera? Arialdo sarà all’aeroporto? Un salto nel buio!
Giovedì 27 marzo corro felice con p. Arialdo, sulla piccola Suzuki, i 450 chilometri che separano Bangui da Bouar. Negli occhi l’interminabile pista rossa in terra battuta, l’azzurro del cielo e il verde immenso della savana alberata. Nel cuore la trepidazione e la gioia di vedere la nascita di una nuova missione.
Dopo alcuni giorni di presa di coscienza di un “mondo” assolutamente nuovo, di contatti con il Vescovo e con simpatici e accoglienti Padri Cappuccini, inizia la visita esplorativa alla porzione di territorio che ci verrà affidata.
Percorriamo i 23 chilometri della bretella di Mbotogà, un letto di fiume impraticabile più che una pista, e cominciamo a familiarizzare con i nomi dei villaggi: Ndongue La Douane, Pakam, Bogbatoyo.
Tre giorni dopo, martedì 8 aprile, sarà il Vescovo stesso a condurci per un’altra pista a Niem, un villaggio di capanne, adagiato sull’altipiano, con una chiesetta circondata da ampi spazi verdeggianti: è il centro di una parrocchia grande come una provincia.
C’è spazio per i sogni e monsignor Armando inizia con i progetti: una casetta per i Padri e poi si vedrà.
Sarà la Provvidenza a fare il resto!
Il 24 dicembre della stesso anno, vigilia di Natale, padre Arialdo e padre Antonio prenderanno dimora – si fa per dire – a Niem, uno in sacrestia e l’altro in una capanna, che assomiglia molto a quella di Betlemme. Nasce, dopo lunga gestazione, la missione della Provincia italiana in Africa.
1989 – L’anno delle sorprese
Sulla spianata verde attorno alla chiesa trovo che sono spuntate alcune piccole costruzioni, rispettose dello stile africano: la residenza dei Padri, diventati già quattro, con l’arrivo di fr. Severino e Beniamino. Poco più lontano una casetta stile friulano, residuo del terremoto, che ospita tre Suore Francescane missionarie del S. Cuore.
L’azione pastorale raggiunge ormai parecchi villaggi d’intorno, dove cominciano a sorgere le prime “scuole di villaggio”.
La presenza delle Suore e l’arrivo dei primi volontari invita a sognare in grande: già si pensa a un dispensario-ospedale, a una scuola d’igiene e cucito, a una nuova chiesa dedicata al S. Cuore a Niem e ad alcune cappelle nei villaggi di brousse.
Progetti concepiti il sabato sera, mangiando pizza e gelato dalle Suore, ed elaborati e innaffiati con qualche grappino , intorno al tavolo del refettorio, nelle pause delle guerreggiate sfide a carte, al lume di lanterna.
I miei diari di viaggio di quegli anni trasudano entusiasmo e dipingono sogni che sembrano nuvole stuzzicate dal vento e che diventeranno invece pian piano pozzi per l’acqua potabile, falegnameria, aule di catechismo, orti, impianti di pannelli fotovoltaici, macine per la manioca, attrezzi per l’agricoltura, banchi e lavagne per le scuole, campane e vetrate per la nuova chiesa, carriole per i muratori, biciclette per maestri e catechisti … che riempiranno all’inverosimile il primo container partito dall’Italia nel 1990.
Saranno molti in trent’anni i viaggi verso Niem.
Viaggi per incontrare i confratelli, per condividere sogni e preoccupazioni, per imparare la loro fiducia nella Provvidenza, per accompagnare volontari, per documentare progetti, per portare contributi e raccontare della gara di solidarietà di migliaia di amici.
Viaggi con valigie sempre sovrappeso, cariche di dolcetti e salamini nostrani, toscanelli e grappe, libri di teologia e lettere traboccanti d’affetto, vicinanza e promesse d’aiuto.
Viaggi per incontrare maestri e alunni delle “scuole di villaggio” sempre più numerose, per conoscere mogli e figli degli alunni della prima ora, per incontrare i fortunati e meritevoli trapiantati all’università di Bangui o tornati da master all’estero.
Viaggi che non si dimenticano anche perché caratterizzati da passaggi difficili, come nella vita: il drammatico volo con ribaltamento di 360 gradi della jeep di padre Tiziano nel 1996; la paura vissuta con p. Arialdo, incappati in una sparatoria e lancio di sassi tra militari e ribelli alla periferia di Bangui; il pericolo corso di notte sulla pista di Goro nel superare in velocità una barriera di sassi disposti dai banditi a scopo di rapina.
Anche questi momenti di vita da raccontare sorridendo, dopo aver ringraziato il Signore, salmodiando, al calar della sera nella piccola “paillotte” ricoperta dai fiori delle acacie.
E ancora viaggi per constatare con soddisfazione che la vasta parrocchia di Niem si era fatta piccola per cuori sensibili agli enormi bisogni della popolazione del Centrafrica e disponibili ad assumere l’animazione pastorale di una parrocchia di città a Bouar (1996), ramificata nei quartieri più poveri e in una miriade di villaggi di brousse.
Cuori attenti agli ultimi e più emarginati – i malati di aids – e capaci di realizzare in poco tempo (2010) un “Centro di cura”che coordina l’attività di prevenzione di tutta la diocesi e ha in carico ormai oltre settecento pazienti.
Centro di cura situato volutamente vicino alla “casa di formazione” con l’obiettivo di trasmettere ai giovani africani, incamminati sulla via della consacrazione, il programma del Cuore di Gesù, indicato da San Michele: “disponibilità e obbedienza assoluta, perfetta semplicità, inalterabile mitezza”, con un occhio di preferenza per chi ha più bisogno.
Attendo il prossimo viaggio a Niem come un ritorno a casa, a salutare persone divenute familiari, “nipoti” diventati adulti, confratelli un po’ invecchiati ma indomiti, a scattare la millesima foto, a contemplare la piana verdeggiante intorno alla chiesa punteggiata ora di edifici: le residenze di Padri e Suore , le scuole, il campo sportivo, la aule di catechismo, i “châteux d’eau”, l’ospedale e il neonato blocco operatorio. Poco più lontano le capanne del villaggio, i tetti che trasudano fumo, e tanti tanti bambini schiamazzanti, come quelli di trent’anni fa, che prendono d’assalto le piante di mango della missione, che reclamano “bombons” e che tendono la mano: “Mu na mbi”, dammi, donami … forse invocano un briciolo di speranza in un Paese migliore, come Niem.